Come tutti gli anni, sono venuta con i miei amici, al
pellegrinaggio de " I femminielli " della Madonna Di Montevergine.
Raggiungibile attraverso l'autostrada A16, se andate in auto, sennò prendendo
il pullman da Piazza Garibaldi che vi porterà sino ad Avellino per poi prendere
un pullman locale ( 4 ) verso Mercogliano dove è ubicata la Funicolare che vi
porterà sul Santuario Di Montevergine. E' il giorno della c.d. "juta dei
femminielli" al Santuario di Montevergine (AV). Molti si chiederanno: Ma
cosa è la " Juta "??! La " Juta " tradotto è "
pellegrinaggio ", infatti, la " juta dei femminielli " è una
tradizione lontana nei secoli. Soprattutto nell'area vesuviana, in particolare
da San Giuseppe, Somma Vesuviana, San Sebastiano, si parte per raggiungere il
Santuario e qui celebrare Mamma Schiavona. Il legame tra la Vergine ed i
"femminielli" è antico. Dove sorge il Santuario insisteva secoli fa
un tempio a Cibele, dove sacerdoti evirati, truccati e con lunghe chiome aveva
l'usanza di ballare come i dervisci. Una leggenda fa risalire la tradizionale
processione della Candelora al 1256, quando due omosessuali, scoperti in
atteggiamenti intimi, furono scacciati al di fuori delle mura della città e
mandati a morire di freddo sulla montagna. Secondo la leggenda i due
omosessuali, protetti dalla Mamma Schiavona, sopravvissero al freddo e alla
fame e si gridò al miracolo. Al di là della datazione della tradizione e del
suo radicamento nel tessuto sociale campano, quel che è certo è che in questi
anni la Candelora è divenuta un'occasione di mobilitazione delle associazioni
che tutelano i diritti dei gay. Da diversi anni si svolge oggi il femminiello
pride. Negli scorsi anni vi era la presenza Vladimir Luxuria, invece,
quest'anno in un clima quest'anno esacerbato dalle polemiche, ci saranno solo
le associazioni atn ed arcigay da cornice all'evento. Ogni anno ci sono
militanti di partiti politici che effettuato un volantinaggio ad Avellino
contro il ritorno dei "femminielli" al Santuario che, secondo loro,
offenderebbero il pudore, ma che, invece, permettono al territorio di tollerare
e/o riflettere sulla diversità della natura umana. Le associazioni campane
hanno risposto, quest'anno non è stato possibile, con il trans bus a causa
della neve abbondante che ha costretto molti fedeli ad usufruire solo della
funicolare. Le strade di Mercogliano pullulavano di fedeli, come transessuali
c'ero solo io e Siria rappresentanti dell'associazione trans napoli. Abbiamo
fatto sentire quella mattina la nostra voce con la classica tammurriata, cioè
il ringraziamento a Mamma Schiavona e, chissà, anche un po' sberleffo per gli
intolleranti in modo ancor più colorato e vistoso di qualunque donna. Si muoveva, e parlava,
non come secondo lui avrebbe fatto una donna,ma ne esagerava i toni acuti e le
movenze, realizzando un archetipo riconoscibile e ripetibile. Era rassicurante,
il "femminiello": con la sua femminilità esagerata, non perché
sembrasse autentica, ma per comunicare rapidamente la propria caretteristica
speciale ed evidente. La figura del "femminiello" esiste da molto
tempo nella tradizione campana, all'interno della quale riesce a godere di una
posizione relativamente privilegiata grazie alla sua partecipazione ad alcune
manifestazioni folkloristiche (a volte anche di ambito religioso come la
"Candelora al Santuario di Montevergine ad Avellino" oppure la
"Tammurriata" alla festa della Madonna dell'Arco); nei quartieri
popolari di Napoli c'è la tradizione che ad alcune tombolate. Il
"femminiello" era anatomicamente un maschio, spesso efebico per una
patologia ormonale, che cercava in ogni caso di nascondere in tutti i modi la
propria virilità, con i (pochi) trattamenti che una volta erano disponibili
(parrucca, trucco e vestiti). All'epoca di cui si parla non esistevano infatti
né la chirurgia plastica, né le terapie a base di ormoni sessuali femminili:
per "femminilizzarsi" il "femminiello" doveva ricorrere al
fai-da-te, che a Napoli, città leader nell'arte di arrangiarsi, raggiungeva
vette strepitose. Si travestiva da donna: anzi, si "stra-vestiva" (
la s è rafforzativa ), nel senso che indossava abiti femminili vistosissimi. E
adottava un comportamento in tono con l'abito: cioè molto sopra le righe.
"Mimando" la donna che avrebbe voluto essere, il femminiello andava
in giro per il vicolo in modo chiassoso, esuberante ed estroverso. Nel suo
quartiere era molto conosciuto (non passava certo inosservato ). Il suo
problema di identità poteva essere risolto con i progressi della scienza,quando
_le [6@&7ichiatria smetteva di occuparsi di loro e la società attenuava
il giudizio severo che li faceva considerare se non malati, perversi e gli
negava ogni diritto. La neonata chirurgia plastica cominciava a rendere
possibile l'evirazione chirurgica e la ricostruzione di una pseudo vagina, e le
prime protesi per il seno aiutavano ad essere considerate donne a tutti gli
effetti. Per ottenere gli altri caratteri sessuali (bastava
l'endocrinologo: con una generosa somministrazione di estrogeni, i peli, una
volta asportati, ricrescevano poco o nulla, i capelli aumentavano di quantità e
di spessore, ecc. Il "transito" dal sesso maschile, sentito dal
femminiello come "sbagliato", al sesso femminile (quello
"giusto") poteva così finalmente avvenire. L'antico femminiello è
infatti ancora tra noi: non lo vediamo, perché è riuscito a "travestirsi
da donna" alla perfezione. Prima poteva operarsi soltanto nella famigerata
Casablanca: oggi può farlo dovunque. Può sposarsi, e cambiare legalmente sesso.
E essere se stesso (stessa) senza fatiche e caricature. Felice e contenta. Il
"femminiello", o "femmeniello" è una figura tipica della
cultura tradizionale popolare partenopea, la cui identità di genere cade
all'infuori di una concezione duale dei sessi. Spesso sovrapposto alla più
diffusa realtà Transgender o Transessuale, il femminiello rappresenta invece
un'identità culturale e sociale molto peculiare e storicamente ancorata nel
tessuto urbano napoletano.
Siamo arrivati in cima alla montagna di Montevergine,
tramite la funicolare, ovviamente, lo spassosso Manlio ha allietato il tragitto
con le sue cantate coinvolgendo tutti i presenti. Ho conosciuto anche Simona e
tanti tanti fedeli. Ricordo questo luogo sempre intatto, questa volta ricoperto
di una candida neve e da un freddo intenso quanto pungente. Quel giorno a
Mercogliano mi hanno riconosciuta in tanti, compreso Federico De I Santi, Sara
del Pacello, Carmine il cameriere, etc. Fui anche intervistata da una
giornalista de Il Mattino Avellinese e fotografata con Manlio.
In questa giornata di festa per i " femminielli ",
si festeggia in provincia di Avellino la Madonna di Montevergine, la ritualità
sacra si fonde con quella Pagana festeggiata con la tammurriata. In tali
tammurriate è noto il canto di Marcello Colasurdo, che svolge durante questa
giornata il "suo" particolare rituale, "la juta di
Marcello". In questo giorno la sua fantastica voce ci racconta i segreti e
le curiosità legate a Mamma Schiavona.
La " Juta di Maercello ", ha accompagnato gli
ultimi pellegrini, quando oramai il santuario era spoglio di tammurriate e
pizziche, per rendere onore alla Madonna Schiavona ed agli impedimenti della
nevicata sulla caratteristica scalinatella. Dando perle di saggezza, e ,
prendendo me come esempio, che essere " femminielli " è un vanto e
non uno scherzo della natura. Lo scherzo della natura è l'ignoranza! Appena ci
avviammo, tutto il gruppo, verso la funicolare, offrirono dei dolci alla crema
di limone, e, subito dopo a scherzare con le palle di neve. Era l'ultima corsa
verso Mercogliano. La gente stufa da tanto silenzio, in un momento di noia,
prima che la funicolare arrivasse, litigarono ma tutto fu sopito dall'intervento
dei carabinieri. Mancava la verve delle ore precedenti delle tammurriatelle
asincrone di Manlio seguite dalle sue battute scherzose coinvolgendo i
presenti. Mercogliano, appena arrivati nello spiazzale della funciolare,
appariva, come tutti quei paesini arroccati sulle montagne, desolata e
innaffiata da lievi fiocchi di neve che al contatto con il viale lo rendeva
scivoloso. Ci ristorammo nella Gelateria Leo tutti assieme, ricordando quanto
fosse stata emozionante la juta. Salutai la Madonna da Mecogliano, sperando
avesse accolto la mia preghiera. Gli ultimi saluti furono al prossimo anno. In
quel momento ricevetti un sms di Manlio, avevo un servizio audio-visivo alla
CGIL di Avellino. Ottavia, per evitare aspettassi il pullman da Mercogliano
verso Avellino, ebbe ad accompagnarmi in una rosticceria del centro dove mi
attendeva lo spassoso Manlio. Aveva in serbo un servizio audio-visivo
importantissimo.
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