giovedì 2 febbraio 2012

Syrenadelmaremosso I° Parte ( Candelora Day - Giovedì, 2 Febbraio 2012 )






Come tutti gli anni, sono venuta con i miei amici, al pellegrinaggio de " I femminielli " della Madonna Di Montevergine. Raggiungibile attraverso l'autostrada A16, se andate in auto, sennò prendendo il pullman da Piazza Garibaldi che vi porterà sino ad Avellino per poi prendere un pullman locale ( 4 ) verso Mercogliano dove è ubicata la Funicolare che vi porterà sul Santuario Di Montevergine. E' il giorno della c.d. "juta dei femminielli" al Santuario di Montevergine (AV). Molti si chiederanno: Ma cosa è la " Juta "??! La " Juta " tradotto è " pellegrinaggio ", infatti, la " juta dei femminielli " è una tradizione lontana nei secoli. Soprattutto nell'area vesuviana, in particolare da San Giuseppe, Somma Vesuviana, San Sebastiano, si parte per raggiungere il Santuario e qui celebrare Mamma Schiavona. Il legame tra la Vergine ed i "femminielli" è antico. Dove sorge il Santuario insisteva secoli fa un tempio a Cibele, dove sacerdoti evirati, truccati e con lunghe chiome aveva l'usanza di ballare come i dervisci. Una leggenda fa risalire la tradizionale processione della Candelora al 1256, quando due omosessuali, scoperti in atteggiamenti intimi, furono scacciati al di fuori delle mura della città e mandati a morire di freddo sulla montagna. Secondo la leggenda i due omosessuali, protetti dalla Mamma Schiavona, sopravvissero al freddo e alla fame e si gridò al miracolo. Al di là della datazione della tradizione e del suo radicamento nel tessuto sociale campano, quel che è certo è che in questi anni la Candelora è divenuta un'occasione di mobilitazione delle associazioni che tutelano i diritti dei gay. Da diversi anni si svolge oggi il femminiello pride. Negli scorsi anni vi era la presenza Vladimir Luxuria, invece, quest'anno in un clima quest'anno esacerbato dalle polemiche, ci saranno solo le associazioni atn ed arcigay da cornice all'evento. Ogni anno ci sono militanti di partiti politici che effettuato un volantinaggio ad Avellino contro il ritorno dei "femminielli" al Santuario che, secondo loro, offenderebbero il pudore, ma che, invece, permettono al territorio di tollerare e/o riflettere sulla diversità della natura umana. Le associazioni campane hanno risposto, quest'anno non è stato possibile, con il trans bus a causa della neve abbondante che ha costretto molti fedeli ad usufruire solo della funicolare. Le strade di Mercogliano pullulavano di fedeli, come transessuali c'ero solo io e Siria rappresentanti dell'associazione trans napoli. Abbiamo fatto sentire quella mattina la nostra voce con la classica tammurriata, cioè il ringraziamento a Mamma Schiavona e, chissà, anche un po' sberleffo per gli intolleranti in modo ancor più colorato e vistoso di qualunque donna. Si muoveva, e parlava, non come secondo lui avrebbe fatto una donna,ma ne esagerava i toni acuti e le movenze, realizzando un archetipo riconoscibile e ripetibile. Era rassicurante, il "femminiello": con la sua femminilità esagerata, non perché sembrasse autentica, ma per comunicare rapidamente la propria caretteristica speciale ed evidente. La figura del "femminiello" esiste da molto tempo nella tradizione campana, all'interno della quale riesce a godere di una posizione relativamente privilegiata grazie alla sua partecipazione ad alcune manifestazioni folkloristiche (a volte anche di ambito religioso come la "Candelora al Santuario di Montevergine ad Avellino" oppure la "Tammurriata" alla festa della Madonna dell'Arco); nei quartieri popolari di Napoli c'è la tradizione che ad alcune tombolate. Il "femminiello" era anatomicamente un maschio, spesso efebico per una patologia ormonale, che cercava in ogni caso di nascondere in tutti i modi la propria virilità, con i (pochi) trattamenti che una volta erano disponibili (parrucca, trucco e vestiti). All'epoca di cui si parla non esistevano infatti né la chirurgia plastica, né le terapie a base di ormoni sessuali femminili: per "femminilizzarsi" il "femminiello" doveva ricorrere al fai-da-te, che a Napoli, città leader nell'arte di arrangiarsi, raggiungeva vette strepitose. Si travestiva da donna: anzi, si "stra-vestiva" ( la s è rafforzativa ), nel senso che indossava abiti femminili vistosissimi. E adottava un comportamento in tono con l'abito: cioè molto sopra le righe. "Mimando" la donna che avrebbe voluto essere, il femminiello andava in giro per il vicolo in modo chiassoso, esuberante ed estroverso. Nel suo quartiere era molto conosciuto (non passava certo inosservato ). Il suo problema di identità poteva essere risolto con i progressi della scienza,quando _le [6@&7ichiatria smetteva di occuparsi di loro e la società attenuava il giudizio severo che li faceva considerare se non malati, perversi e gli negava ogni diritto. La neonata chirurgia plastica cominciava a rendere possibile l'evirazione chirurgica e la ricostruzione di una pseudo vagina, e le prime protesi per il seno aiutavano ad essere considerate donne a tutti gli effetti. Per ottenere gli altri caratteri sessuali (bastava l'endocrinologo: con una generosa somministrazione di estrogeni, i peli, una volta asportati, ricrescevano poco o nulla, i capelli aumentavano di quantità e di spessore, ecc. Il "transito" dal sesso maschile, sentito dal femminiello come "sbagliato", al sesso femminile (quello "giusto") poteva così finalmente avvenire. L'antico femminiello è infatti ancora tra noi: non lo vediamo, perché è riuscito a "travestirsi da donna" alla perfezione. Prima poteva operarsi soltanto nella famigerata Casablanca: oggi può farlo dovunque. Può sposarsi, e cambiare legalmente sesso. E essere se stesso (stessa) senza fatiche e caricature. Felice e contenta. Il "femminiello", o "femmeniello" è una figura tipica della cultura tradizionale popolare partenopea, la cui identità di genere cade all'infuori di una concezione duale dei sessi. Spesso sovrapposto alla più diffusa realtà Transgender o Transessuale, il femminiello rappresenta invece un'identità culturale e sociale molto peculiare e storicamente ancorata nel tessuto urbano napoletano.


Siamo arrivati in cima alla montagna di Montevergine, tramite la funicolare, ovviamente, lo spassosso Manlio ha allietato il tragitto con le sue cantate coinvolgendo tutti i presenti. Ho conosciuto anche Simona e tanti tanti fedeli. Ricordo questo luogo sempre intatto, questa volta ricoperto di una candida neve e da un freddo intenso quanto pungente. Quel giorno a Mercogliano mi hanno riconosciuta in tanti, compreso Federico De I Santi, Sara del Pacello, Carmine il cameriere, etc. Fui anche intervistata da una giornalista de Il Mattino Avellinese e fotografata con Manlio.

In questa giornata di festa per i " femminielli ", si festeggia in provincia di Avellino la Madonna di Montevergine, la ritualità sacra si fonde con quella Pagana festeggiata con la tammurriata. In tali tammurriate è noto il canto di Marcello Colasurdo, che svolge durante questa giornata il "suo" particolare rituale, "la juta di Marcello". In questo giorno la sua fantastica voce ci racconta i segreti e le curiosità legate a Mamma Schiavona.

La " Juta di Maercello ", ha accompagnato gli ultimi pellegrini, quando oramai il santuario era spoglio di tammurriate e pizziche, per rendere onore alla Madonna Schiavona ed agli impedimenti della nevicata sulla caratteristica scalinatella. Dando perle di saggezza, e , prendendo me come esempio, che essere " femminielli " è un vanto e non uno scherzo della natura. Lo scherzo della natura è l'ignoranza! Appena ci avviammo, tutto il gruppo, verso la funicolare, offrirono dei dolci alla crema di limone, e, subito dopo a scherzare con le palle di neve. Era l'ultima corsa verso Mercogliano. La gente stufa da tanto silenzio, in un momento di noia, prima che la funicolare arrivasse, litigarono ma tutto fu sopito dall'intervento dei carabinieri. Mancava la verve delle ore precedenti delle tammurriatelle asincrone di Manlio seguite dalle sue battute scherzose coinvolgendo i presenti. Mercogliano, appena arrivati nello spiazzale della funciolare, appariva, come tutti quei paesini arroccati sulle montagne, desolata e innaffiata da lievi fiocchi di neve che al contatto con il viale lo rendeva scivoloso. Ci ristorammo nella Gelateria Leo tutti assieme, ricordando quanto fosse stata emozionante la juta. Salutai la Madonna da Mecogliano, sperando avesse accolto la mia preghiera. Gli ultimi saluti furono al prossimo anno. In quel momento ricevetti un sms di Manlio, avevo un servizio audio-visivo alla CGIL di Avellino. Ottavia, per evitare aspettassi il pullman da Mercogliano verso Avellino, ebbe ad accompagnarmi in una rosticceria del centro dove mi attendeva lo spassoso Manlio. Aveva in serbo un servizio audio-visivo importantissimo.


Nessun commento: